Fango

Da ItaChan.
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Testo apparso su /scr/ di Diochan. Apparentemente una lettera scritta nel 1947 da un certo G. riguardo agli scritti di suo nonno. La lettera è indirizzata a un certo B.M.; alcuni sostengono che costui altri non sia se non il Cavalier Benito Mussolini, altrimenti noto come il Duce. L'autore del testo afferma che ciò non è intenzionale e anzi è una sorpresa pure per lui.

Testo

Caro B. M.

Sto iniziando a leggere i diari che mio nonno ha lasciato in questa catapecchia, quelli cui ti avevo accennato la volta scorsa. Devo dire che sono molto interessanti.
Sono scritti con tutta la leziosissima calligrafia di cento anni fa, e ci ho messo non poco a decifrarli. Se ne stavano, come ti ho detto, a prendere polvere in un grosso armadio di rovere (Ti ricordi? Lo abbiamo portato proprio noi, sei anni fa se non sbaglio); tre quedernetti in tutto, a prima vista insignificanti.
Le pagine erano ancora ben tenute, nonostante tutte le volte che li avrà sfogliati. Le copertine no invece, decisamente no. A parte questo i resoconti all'interno scorrono bene; parlano perlopiù di cosette, di fatti quotidiani, di liste- ho qui davanti agli occhi i conti della casa e un piccolo inventario. Sembra anche che di rado appuntasse come erano trascorse le giornate, e a volte perdeva un sacco di tempo ad annotare alcune delle più piccole cose. Povero nonno.
Volevo comunque dirti che leggendo questi fogli sono giunto a due conclusioni circostanziali: la prima, che mio nonno negli ultimi tempi doveva essere una persona molto sola e annoiata. La seconda (e qui viene il bello) riguarda il fango.
Mio nonno ha lasciato un consistente numero di pagine sul fango. In particolare sul fango di questa città, che allora non doveva essere più di un paese. Prima che tutto questo diventasse una colata di cemento e casette di legno e mattoni identiche, allineate in rigide file tutte uguali, come ora sono uguali tutte le file mai costruite di abitazioni su questa triste isola, prima di ciò mio nonno ha scritto una lunga descrizione su come scorreva la vita in una remota provincia. Leggendo ho capito che il punto cardine, la singola presenza più preponderante nella oltremodo grigia esistenza dei nostri avi era in tutti i casi rappresentata dal fango.
Il fango si trascinava sotto le suole di tutti i baroni, degli operai e dei poveri paesani; impantanando, entrava nei mercati, nelle fabbriche, nei giardini (ammesso che ce ne fossero), nelle case e nei landroni, nei vicoli. Entrava nelle camere da letto come nelle ciminiere delle fabriche, nelle chiese, nei cottage e nelle ville, vicino ai focolari, sotto la tavola all'ora di cena, si posava sui pantaloni e sulle giacche, scorreva come un fiume in piena per le fogne e per le grondaie; non c'era luogo dove il fango non fosse arrivato.
E potevi vedere le carrozze cariche di lords, che affondavano anch'esse nelle pozze delle strade, insieme alla massa di carretti sbilenchi e a tutte le cose che trasportavano.
E quando si seccava pure rimaneva per terra ad aspettare ogni minimo scroscione, che, se l'inghilterra di allora non era diversa da quelli di oggi, di certo non si faceva attendere.
E poi l'inverno alla prima neve- tutto, scrive mio nonno, si inzuppava nella neve sporca, scivolando su lastre di ghiaccio ancora più torbide del fango.
Ma, più che in qualsiasi altro luogo, il fango era penetrato nella testa della gente. Fango invadeva le tube dei dei gentiluomini e i loro buffissimi monocoli, le contesse con le loro gonne assurde, i mendicanti coperti di stracci e le massaie grassoccie; i mercanti di cianfrusaglie indiane, gli spazzacamini.
Tutto era fango, e il fango era tutto.
Per questo io credo ci sia un gran bisogno di riscrivere i libri di storia. Bisogna aggiungere un capitolo: personalmente lo intitolerei "l'era del fango", ma sono certo che uno studioso come te potrà trovare un nome più consono all'argomento.

Stammi bene,
Il tuo G.

Hammersdeen, 15 giugno 1947.


P.s. (forse la loro fu la civiltà del fango, come la nostra lo è dell'asfalto e del cemento? Pensaci.)